Carlo Levi. Pitture del confino e ritratti

Pizziolo, M 2006, Carlo Levi. Pitture del confino e ritratti, De Angelis, Avellino.

Uno straordinario viaggio attraverso l’opera di uno dei più fini intellettuali del novecento. Cresciuto nell’effervescente clima della Torino degli anni venti, Carlo Levi ha potuto essere tante cose: medico, narratore, saggista, politico, pittore. Un’occasione per riscoprire un artista che ha riconosciuto nel mondo contadino “la nera adolescenza dei secoli pronti ad uscire e muoversi”.

“Nessuno davanti alla perfetta anatomia del Cristo morto del Mantegna o alla crepuscolare Vergine delle Rocce di Leonardo si farebbe ormai il segno della croce. Nemmeno una genuflessione frettolosa. Opere, che pure sono state concepite come potenti strumenti devozionali, valgono ormai esclusivamente come macchine estetiche. Esatta forma di un’idealità di cui volutamente censuriamo il movente primo, declassandolo a pretesto compositivo, ad alibi estetico. Questo ci rende impotenti alla comprensione, vera, profonda. Perché è sempre il movente ad assegnare un preciso valore a qualsiasi azione e quindi a qualsiasi prodotto dell’operare.

Nella babele investigativa delle possibilità del segno che ha caratterizzato il ventesimo secolo, ci sono artisti che non hanno dipinto solo per creare una gag concettuale o allestire uno scenario del bello. Artisti che non hanno inteso la pittura solo come memoria di un gesto non premeditato. O esplorazione della vertigine del vuoto. Ci sono artisti, e Carlo Levi è uno di questi, che hanno dato forma e colore a idee. E queste idee erano il segno del silente, ma poderoso passaggio nel tempo di uomini e donne. Erano lamenti e grida, difesa accorata, urlo alto di quelle parole che sono destinate a pesare come pietre sul cuore di chi non ha mai avuto voce.

Senza questa premessa doverosa sarebbe difficile oggi intendere il significato dei dipinti di Levi, sui quali grava quella sorta di ostracismo della memoria che ha colpito tanta parte dell’arte di impegno sociale. Il riscatto Levi lo trovò nel suo dar voce agli altri. Tra le sue opere degli esordi e quelle della maturità si compie un lungo viaggio ideale: dall’intellettualità alla materialità delle forme. Un viaggio che è misura di un progressivo affondo in una realtà percepita come verità, in quanto rivelazione del mistero della vita”.